Riccardo Tavani
In attesa e in preparazione di Cannes 2106 che si svolge quest’anno dall’11 al 22 maggio, l’Istitut Français Italia ha presentato nei giorni scorsi a Roma Rendez-Vous, Nuovo Cinema Francese, diciannove film di diverso genere dell’ultima stagione cinematografica di Francia. La rassegna toccherà anche queste altre città: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Torino. La rassegna romana si è conclusa al Cinema Farnese Persol di Campo de’ Fiori con la riproposizione del capolavoro del 1958 di Louis Malle Ascensore per il patibolo, con Jeanne Moreau e la mitica colonna sonora di Miles Davis, improvvisata mentre gli scorrevano davanti le immagini del film. La pellicola è stata restaurata tecnicamente e filologicamente dalla Cineteca di Bologna e ha richiamato un pubblico notevole.
Tutta la rassegna ha attirato molto pubblico, sia di residenti francesi nella capitale, sia di pubblico romano amante del cinema dei nostri cugini. Molti e sempre sicuramente interessanti sono stati anche gli incontri in sala con autori e attori delle diverse opere proposte. Merito anche dell’Ufficio Stampa di Reggi & Spizzichino Communication che ha svolto come il solito al meglio la sua opera.
Parliamo di Nous trois ou rien (Tutti e tre o niente), a nostro giudizio l’opera più sorprendente e espressiva di tutta la rassegna. È la storia vera della sua famiglia che il commediografo e attore comico francese Kheiron adatta per lo schermo. L’autore-attore è alla sua prima regia ed interpretazione cinematografica, e nonostante egli sia un comico, l’opera è molto carica di Storia – con la S maiuscola – maledettamente drammatica. Drammatica sì, ma con delle improvvise entrature e battute comiche, ironiche da capogiro. Hibat, il padre dell’autore, fa appena in tempo a prendere la laurea da avvocato nel 1983 che il regime dello Scià lo sbatte in galera con una condanna a dieci anni per la sua attività di oppositore democratico di sinistra. Fuori dal carcere alla caduta quella dittatura, Hibat si sposa con Ferestheh, una bella infermiera professionale, con padre e madre anch’essi d’idee democratiche. Nasce il loro figlio, ma questi non fa in tempo a compiere neanche un anno che il nuovo regime iraniano degli Ayatollah spicca un mandato di cattura contro di lui, sempre per la sua instancabile attività politica democratica. Si trova nella necessità inevitabile di scappare, per non marcire di nuovo in galera per molti anni. Si prepara a salutare figlio e moglie quando questa s’impone: “Andiamo via dall’Iran tutti e tre insieme o niente”.
Inizia un’odissea drammatica e faticosa, a piedi, a dorso di mulo, nel gelo delle montagne persiane per raggiungere con sicurezza la frontiera turca e di lì raggiungere Parigi, o meglio una sua degradata banlieue nella quale i novelli Giuseppe, Maria e Gesù troveranno riparo e vivranno per molti anni. Hibat e Ferestheh non smetteranno mai il loro impegno politico, sociale, culturale sia tra i loro connazionale sia nella variegata difficile realtà multirazziale del loro municipio.
Kheiron stacca un’opera d’indubbio valore proprio nel senso della forma squisitamente cinematografica, ossia delle immagini, delle sequenze cui dà forma, stratificandovi all’interno significati che travalicano, arricchiscono l’intreccio narrativo e i dialoghi. La combinazione drammaticità-comicità gli riesce mirabilmente naturale e diventa uno degli elementi di pregio e novità del film. Assolutamente da non perdere quando sarà nelle sale italiane.
Rendez-Vous ci ha presentato diverse altre opere convincenti, alcune delle quali sono già state acquistate per la distribuzione in Italia, altre ancora in attesa. In attesa di riparlarne al momento della loro uscita nelle nostre sale, ci limitiamo qui a segnalare tre film dai quali – pur nella loro diversità – emerge un tema pregnante: quello della terra, della campagna, del legame particolare, tradizionale di molte popolazione francesi con essa. Saint Amour, di Gustave Kerven e Benoît Delépine, con due mirabolanti squinternati Gérard Depardieu e Benoît Poelvoorde che interpretano una vicenda alla Kaurismaki, tra i vigneti, le campagne e le poderose vacche degli allevamenti francesi. Il titolo è l’etichetta di un vino che i due si scolano. Médecin de campagne, di Thomas Lilti, la storia di un maturo, infaticabile medico di campagna, colpito da tumore che deve accettare l’aiuto di una dottoressa con solo esperienza di corsia d’ospedale. En mai, fais ce qu’il te plaît (In maggio fai quello che ti piace), ambientato in Alsazia, nell’ultima guerra mondiale, durante l’occupazione delle truppe naziste di questa regione di confine francese. È la storia d’interi paesi costretti a evacuare e abbandonare gli allevamenti, le coltivazioni, le case per riparare più a sud. L’esodo si intreccia con la vicenda di un oppositore tedesco e suo figlio di sette anni rifugiatisi in quella zona e drammaticamente separati dagli eventi bellici. Il regista Christian Carion ha tratto la storia da quella veramente vissuta da sua nonna e da suo nonno che era sindaco di uno di questi centri agricoli. Notevole anche Microbe&Gasoil, due adolescenti in fuga motorizzata dalla città, dalla scuola, dalla famiglia.