GGG – Il Grande Gigante Gentile
Il popolo dei sogni dentro il cuore segreto dei bambini
Riccardo Tavani
Che cosa c’è dentro l’inconscio di ogni bambino, del bambino che rimane sempre, anche da adulti, in ognuno di noi? C’è qualcosa di molto più grande di quello che riesce a percepire alla luce del giorno; qualcosa che intuisce quando è solo con se stesso, nel suo letto, alla soglia critica tra il buio della stanza e il sogno. Qualcosa che sente dentro di sé, nel sottosuolo della propria coscienza, come una caverna oscura che gli fa paura ma nello stesso lo attrae, perché si tratta di capire come stanno davvero le cose. L’oscurità di quella caverna sotterranea dentro di sé gli preclude anche una più piena comprensione del mondo fuori. In rapporto a questa sua buia interiorità che lo spaventa e lo sollecita allo stesso tempo, ogni bambino è solo, non ha rifugio, braccia e parole dei genitori che lo possano guidare con certezza: è davvero come un orfano che deve trovare dentro di sé le forze per andare avanti.
È soprattutto questa condizione originaria universale che al regista Steven Spielberg interessava mettere in luce nella sua versione cinematografica del grande racconto letterario di Roald Dahl. Una condizione che costituisce una soglia di passaggio dell’intera esistenza umana e non solo dell’infanzia. Sofia, la bambina protagonista della storia, già nel nome indica il suo carattere, la sua propensione al voler raggiungere la luce del sapere, della conoscenza, della saggezza. Questo le va vincere la paura dell’inconscio, il buio della caverna inesplorata nel proprio sottosuolo. Quando lei indosserà la giacca di velluto rosso presa in un vecchio baule del Gigante, questi le dirà che la aveva già indossata un bambino a lui caro, il quale, però, aveva paura. Sofia gli risponde che lei invece non ha nessun timore, si toglie la giacca e la rovescia per indossarla di nuovo, per mettersi addosso il rovescio della paura, ossia il coraggio di affrontare a viso aperto il mondo dei veri giganti che la vogliono divorare.
E cosa scopre Sofia seguendo GGG? Lei che non sogna mai, scopre che in una parte ancora più nascosta della caverna c’è l’immenso mondo capovolto dei sogni. Un mondo segreto, un immenso scrigno aperto che brilla dei fuochi luminosi come diamanti, pietre preziose dei sogni. Di tutti i sogni, anche quelli brutti, anzi proprio orrendi. GGG cerca di riprendere nella propria rete tutta questa materia onirica dispersa, di separare quella buona da quella cattiva, e la notte uscire nelle strade solitarie e non illuminate della città – della civiltà – per soffiarla dentro il respiro dei bambini, con una sua specie di strana tromba che suona silenziosa luce buona.
Chi è allora questo grande gigante, che nel titolo originale è BFG, Big Friendly Giant, in cui è il termine friendly, amico, amichevole che risalta? È il deposito stesso di sogni, storie, favole, leggende, intuizioni che sedimenta nel suo percorso la storia di ogni popolo. Quanti anni hai? – domanda Sofia al Gigante. Non lo so – gli risponde lui – Ci sono da sempre e ci sarò ancora. Ma GGG stesso è considerato un nano dagli altri giganti davvero grandi e crudeli che vorrebbero divorare Sofia. Esso stesso è di fatto un bambino: con quel suo deposito ancora grezzo, informe di parole, frasi, modo di dire che costituiscono il sostrato più profondo di quella che chiamiamo non a caso la madrelingua. Ricordiamo che infanzia significa appunto mancanza ancora di parola, di facoltà logica piena.
Il rapporto tra gigante amico e popolo lo capiamo in tutta la grande scena simbolica e allo stesso tempo esilarante, travolgente della Regina. È come se Sofia dicesse alla sovrana, a chi detiene il potere, che un popolo sono i suoi stessi sogni, le sue favole, i suoi racconti attorno al fuoco dell’immaginazione, che anche quando è adulta è pur sempre autenticamente bambina. La Regina deve proteggere, salvare il suo popolo, salvare lo scrigno onirico prezioso custodito dall’infanzia originaria di ogni popolo.
Per questo il sogno di Sofia è alla fine il sogno di tutto il film, di tutto il racconto di Roald Dahl, nel quale i tratti favolistici dell’animazione cinematografica si alternano e sono addirittura impastati dentro quelli reali. Lo stesso GGG cattura i tratti somatici dell’attore Mark Rylance dentro quelli di un cartone animato dalle grandi orecchie a sventola. Grandi e amichevole anch’esse, perché il popolo gigante dei sogni, dei racconti sarà sempre pronto ad ascoltare il cuore delle bambine e dei bambini che lo chiamano dal profondo della propria caverna segreta. Pronto ad ascoltarli e ad afferrarli sulla soglia tra la stanza buia e il sonno.