Naples '44 di F. Patierno
Naples ‘44
Bombe, miseria e nobiltà di una città sventrata dalla Storia
Riccardo Tavani
“Naples ‘44” di Francesco Patierno solo per rigidità classificatoria si definisce con il termine “documentario”. Esso, invece, dimostra come il vero cinema superi ogni distinzione di genere e come anche un documentario – questo in particolare – debba essere definito a pieno titolo “film”. Film nel senso di un intreccio d’arte tra immagini e vicende umane narrate entrambe di alto valore storico, poetico esistenziale. Le vicende umane sono quelle degli abitanti di Napoli e dello scrittore e storico britannico Norman Lewis, subito dopo lo sbarco degli alleati a Salerno, il 9 settembre 1943. A quella data Lewis era ufficiale britannico al seguito dell’esercito americano, assegnato a un reparto speciale che aveva compiti di contatto e comunicazione con le popolazioni e le nuove amministrazioni pubbliche in formazione. Arrivato a Napoli, poco dopo lo sbarco a Salerno, inizia il suo lavoro addentrandosi sempre più nelle piaghe, nelle ferite, nella miseria, nella fame, nell’umiliazione di una città, ma anche nell’empatia che essa – a dispetto di tale disperazione – sprigiona, rimanendone completamente coinvolto. Da questa sua esperienza lo scrittore inglese ha tratto il libro che ha lo stesso titolo del film di Patierno, e che poi è diventato per lui il modello da seguire nella redazione di tutti gli altri numerosi reportage di guerra e di viaggio scritti nella sua vita. Nato nel 1908, Lewis è scomparso nel luglio del 2003.
Nel film vediamo il Lewis camminare per le strade della Napoli odierne e sentiamo le parole scarne ma profonde del suo testo letterario. Esse sono lette in inglese dal geniale giovane attore britannico Benedict Cumberbatch e in italiano dalla voce intensa di Adriano Giannini. Le immagini d’archivio e di film su Napoli scelte e montate da Patierno rendono davvero il senso dello sguardo di Lewis sulla città sventrata da bombardamenti e poi anche dall’eruzione del Vesuvio nel marzo del 1944. Uno sguardo penetrante, antiretorico, fino al disincanto, al pessimismo esistenziale eppure sempre commosso, attratto da Napoli e dai suoi abitanti, al punto di farne la sua città d’elezione ed esprimere il desiderio di poter rinascere lì. Dramma, storia, denuncia civile e poesia esistenziale si fondono in un unicum cinematografico davvero magistrale. Ed è seriamente da denuncia culturale, politica, civile che questo film circoli così poco nelle sale cinematografiche italiane, perché invece è un’opera che fa onore alla nostra arte de4l cinema.
Le immagini cui Patierno attinge sono di due tipi. Quelle della storia del nostro cinema, con scene tratte da film “Le quattro giornate di Napoli”, “La pelle”, “Chi si ferma è perduto”, “Paisà”, “Il re di Poggioreale”, e altri. Poi quelle degli archivi storici di mezzo mondo: Istituto Luce, “Napoli milionaria”. Totò diventa un personaggio stesso del film, identificandolo Patierno con una reale figura popolare napoletana di cui parla con amicizia Lewis nel suo libro. L’altra fonte iconografica sono le immagini di repertorio degli archivi storici italiani ed esteri. Prima di tutto l’Istituto Luce Cinecittà, ma poi il National Archives and Records Administration del Governo Federale Usa, l’Imperial War Museum britannico, l’agenzia fotografica di Seattle Getty Images. Immagini, sequenze, scorci sulla città la periferia e il Vesuvio spesso inedite e di grande potenza iconografica.
Il montaggio di questi due diversi tipi di immagini si fonde con il testo di Lewis in maniera limpida, naturale, conferendo al tutto un ritmo narrativo che ci restituisce il senso drammatico eppure vitale, pulsante di una grande pagina di Storia. Il merito di tale sincronia ritmico-iconica va alla montatrice Maria Fantastica Valmori.